Il Prezzo della Sostenibilità: cronaca di un valore tradito

Tra costi e certificazioni, la sostenibilità è ancora un valore oppure è diventata un prodotto?


Se c'è un argomento al quale tengo in modo particolare e che ritengo fondamentale per il nostro benessere di oggi e di domani, è senza dubbio quello della sostenibilità. Proprio per questo motivo, mi irrita vederla svuotata di senso, usata come condimento universale per giustificare nuove restrizioni, finanziare enti dalla dubbia utilità e vendere qualsiasi genere di prodotto. La parola sostenibilità, viene usata come un passepartout da certi politici e filantropi vari, al fine di instaurare in noi sudditi del reame, un fastidioso senso di colpa verso la nostra automobile, mentre loro viaggiano su sostenibili jet privati, alimentati da petali di rosa.

L'ossessione per la sostenibilità ambientale, ha raggiunto livelli tali che ormai non si può più respirare senza sentirsi colpevoli. D'altra parte, se anche tu che stai leggendo hai la brutta abitudine di consumare ossigeno e produrre anidride carbonica per vivere, qualcuno dovrà pur dirtelo che sei un irresponsabile, o no? Scherzi a parte, siamo davvero arrivati al punto in cui ogni azione quotidiana deve passare al vaglio della morale ecologista? Dalla mia esperienza personale e da quanto leggo sui quotidiani, pare proprio che sia così.

La sostenibilità è diventata la nuova religione: se ci credi e segui le regole andrai in paradiso, ma se hai dei dubbi allora sei un eretico e per te ci sarà solamente il rogo. Ovviamente la punizione ti verrà notificata su carta riciclata e il rogo sarà alimentato da pellet provenienti da foreste sostenibili, dove il prelievo della legna non supera mai la capacità di rigenerazione. Questo non renderà le fiamme meno calde, ovvio, ma almeno l'ambiente ti ringrazierà. Vuoi mettere la soddisfazione!

Per quanto mi riguarda, ennesima battuta a parte, la rassicurante patina verde e i martellanti slogan pubblicitari, non sono bastati a impedirmi di ragionare autonomamente, informarmi e di pormi una domanda scomoda: "La sostenibilità è un valore o un prodotto da vendere?"

In questo articolo, non voglio scrivere la ricetta su come salvare il mondo, non ne sarei certamente capace e se anche lo fossi, non la direi certo a te che arrivato a questo punto dell'articolo, chissà quanta CO2 hai prodotto. Scusami, l'argomento mi scatena il sarcasmo. Dicevo, vorrei soltanto analizzare questa tematica complessa che sta influenzando le nostre vite e porre la questione sotto un altro punto di vista, meno estremista e più razionale.

Da molto tempo mi chiedo con assoluta sincerità, se dietro alla corsa alla sostenibilità, non ci siano invece una gigantesca campagna di marketing, una colossale operazione finanziaria e magari, solo magari, un'abbondante dose di ipocrisia. Spoiler: tutte e tre le cose.

Anche nel mondo del turismo, la parola "sostenibilità" è ormai onnipresente, ma dietro al velo etico e alla sacralità della tutela ambientale, si nasconde un panorama normativo sempre più stringente, capace di trasformare le buone intenzioni in costi ben poco sostenibili. Qui di seguito, ho elencato i punti fondamentali che riguardano le nuove norme e c'è ben poco da stare allegri.

Con l'introduzione della CSRDCorporate Sustainability Reporting Directive — anche il settore dell'ospitalità è entrato ufficialmente in una nuova era: quella della rendicontazione non finanziaria obbligatoria. Di cosa si tratta? Non più una scelta strategica, ma di un adeguamento normativo che impone alle imprese turistiche di medie e grandi dimensioni di documentare ogni impatto, dall'uso dell'energia alle condizioni lavorative del personale stagionale. 1

La CSRD, recepita in Italia nel 2023, mai una gioia, obbliga le imprese con più di 250 dipendenti, 40 milioni di euro di fatturato o 20 milioni di attivo di bilancio a pubblicare dal 2025 bilanci ESG — ambientali, sociali e di governance — conformi agli standard europei (ESRS). Per le PMI quotate, l'obbligo scatterà dal 2026, mentre dal 2028 sarà possibile aderire volontariamente, vedo già la fila. Nel settore turistico, questo significa coinvolgere non solo le catene alberghiere internazionali e le società di gestione multi-struttura, ma anche imprese apparentemente piccole, se inserite in gruppi più ampi soggetti alla direttiva.

Concretamente, cosa comporta questo adeguamento? Le aziende dovranno misurare e documentare il proprio impatto ambientale, dalle emissioni all'efficienza energetica e quello sociale, come le condizioni dei lavoratori, l'inclusione nei servizi o il rapporto con le comunità locali. Non basta più dichiararsi sostenibili: serve dimostrarlo, revisionarlo e aggiornarlo. Per fare questo occorrono consulenze specializzate, software di rendicontazione, formazione interna e una revisione profonda dei processi. 2

La sostenibilità rischia di trasformarsi in una corsa ad ostacoli regolata da norme sempre più tecniche. La Tassonomia Europea, regolata dal Regolamento UE 2020/852, impone una classificazione precisa delle attività economiche turistiche in base al loro livello di sostenibilità. Chi non si allinea, viene escluso da bandi pubblici, fondi europei e circuiti commerciali. Non importa quanto l'impresa crei valore, lavoro o innovazione: senza conformità, sei fuori. 3

A questo quadro normativo che mi sembra quantomeno discutibile, si contrappone il resto del mondo che ci osserva con aria compiaciuta e se la ride di gusto pensando alla miserabile fine che faremo. Per rincorrere la sostenibilità, nel Vecchio Continente ogni impresa deve redigere report ambientali, ogni cittadino deve pagare il prezzo della transizione, ogni settore deve reinventarsi per essere "green compliant", ma fuori dai confini europei, la musica è ben diversa e suona anche meglio.

Dati alla mano, l'Europa rappresenta appena il 9% della popolazione mondiale, circa 744 milioni di persone vivono nel continente, contro gli oltre 8 miliardi del pianeta. 4 In altre parole, mentre meno di un decimo dell'umanità si impone sacrifici e restrizioni, il restante 91% continua a crescere, produrre, consumare e soprattutto inquinare, senza vincoli comparabili ai nostri. Per dirla in parole povere: non c'è trippa per gatti.

Paesi come Cina, India, Stati Uniti, Brasile e molte nazioni africane e asiatiche non sono soggetti alle stesse regole. Alcuni investono in sostenibilità, certo, ma lo fanno secondo logiche interne, molto meno stringenti e più pragmatiche. Altri ignorano del tutto il problema, puntando su crescita economica e industrializzazione. Mentre in Europa si pensa di vietare da qui a pochi anni, la circolazione delle auto diesel, altrove si costruiscono nuove centrali a carbone, un vero paradosso della sostenibilità globale.

Ma se davvero pensi che sia finita qui ti sbagli di grosso, perché si sono inventati anche il sistema dei crediti di carbonio e qui tocchiamo vette che nemmeno Reinhold Messner potrebbe raggiungere. Il meccanismo in estrema sintesi è questo: un'azienda continua a produrre come ha sempre fatto, rischiando di non rientrare nei parametri di sostenibilità richiesti, quindi compra crediti da un'altra azienda che ne ha in esubero per aver compiuto azioni virtuose e il problema è risolto. In questo modo, l'azienda in difetto può dichiararsi "carbon neutral" senza aver cambiato nulla di concreto nel proprio modello produttivo, ma cosa ancora più importante, si sono mossi fiumi di denaro e nessun sacchetto delle immondizie. Geniale e diabolico allo stesso tempo.

Mi viene da pensare che oggi, come nel passato, esistano vie traverse per lavarsi la coscienza e il denaro sia sempre il comune denominatore. Se nel Medioevo, bastava un'offerta monetaria alla Chiesa per ottenere l'indulgenza e la remissione dei peccati, oggi basta acquistare i crediti per essere sostenibili, il meccanismo si è aggiornato, ma è rimasto lo stesso. Prima si prometteva il paradiso celeste, oggi si promette il paradiso verde. In entrambi i casi, basta pagare e sei a posto.

Il concetto di sostenibilità, se manipolato in questo modo, perde il proprio significato morale e ne acquisisce uno molto più materiale, diventa un parametro economico, una nuova voce a bilancio. La sostenibilità non è più un valore, ma un prodotto da acquistare e come tutti i prodotti, ha bisogno di essere pubblicizzato per poi essere venduto. Da questo punto di vista, chi dirige la baracca lo ha sempre fatto molto bene. Sarebbe poi un dovere del consumatore, non abboccare a tutto ciò che luccica nello stagno, ma sappiamo benissimo che una scusa ben confezionata, condita con un pizzico di senso di colpa e servita su un piatto di obblighi e divieti, può fare miracoli.

In un mondo che va in guerra e l'Europa stessa spende miliardi per l'industria bellica, anche se dubito che i carri armati siano prodotti con acciaio riciclato, le aziende si congratulano tra di loro per aver legato i tappi di plastica alle bottiglie o per aver tolto le cannucce di plastica dai fast food, un vero affare non c'è che dire.

E così, mentre ti obbligano a salvare il pianeta un credito alla volta e ti addestrano alla raccolta differenziata, i governi investono in missili a lunga gittata e droni da combattimento, mentre la gente continua a morire.

Ti raccontano che ogni piccolo gesto conta, che il pianeta non può più aspettare, che devi spegnere il condizionatore, ma tu non porti domande, l'importante è che lavi il barattolo di yogurt prima di buttarlo.

La tua coscienza e l'ambiente, sentitamente ringraziano.


1 Fonte: Hospitality CSR. La Nuova Direttiva Europea CSRD, pubblicato il 10 ottobre 2024.

2 Fonte: Agenda Digitale. Rendicontazione di sostenibilità: guida completa alla Direttiva CSRD, pubblicato il 3 aprile 2025.

3 Fonte: Studio Pizzano. Tassonomia della Sostenibilità, pubblicato il 27 novembre 2024.

4 Fonte: Worldometer. Popolazione dell'Europa.